Trichinellosi, il rischio dei salumi freschi di cacciagione prodotti in casa

È di pochi giorni fa la notizia di una ventina di casi di trichinellosi umana diagnosticati al pronto soccorso dell’ospedale di Susa (Torino) e confermati dagli accertamenti effettuati presso l’ospedale Amedeo di Savoia di Torino. Le persone colpite, tutte residenti in Val di Susa, erano cacciatori e alcuni loro parenti o amici che avevano consumato salumi freschi di cinghiale.

Trichinella parassita

La trichinellosi è una zoonosi, ovvero una malattia trasmissibile degli animali che può colpire anche l’uomo. In particolare è una parassitosi causata da nematodi, ovvero vermi di forma cilindrica appartenenti al genere Trichinella.

I pazienti si sono recati in ospedale accusando disturbi gastrointestinali e, in qualche caso, dolori muscolari e febbre. Insospettiti, i medici hanno svolto le analisi del sangue dalle quali è emerso un aumento significativo di granulociti eosinofili. Questa reazione immunitaria, tipica in caso di parassitosi, ha condotto i medici al sospetto di trichinellosi, poi confermata.

La trichinellosi è una zoonosi, ovvero una malattia trasmissibile degli animali che può colpire anche l’uomo. In particolare è una parassitosi causata da nematodi, ovvero vermi di forma cilindrica appartenenti al genere Trichinella.

Trasmissione e sintomi della trichinellosi

La trasmissione del parassita avviene soltanto per via alimentare con il consumo di carne cruda o poco cotta di animali infetti e contenente quindi le larve del parassita. La Trichinella, infatti, non può essere trasmessa attraverso il contatto fra le persone o gli animali.

La fonte di infezione più comune è la carne di selvaggina, in particolare quella di cinghiale. Tuttavia tutte le specie di Trichinella sono in grado di infestare vari mammiferi carnivori, onnivori e occasionalmente anche erbivori. Ci sono due cicli di vita del parassita: uno coinvolge soprattutto i suini, ed è il cosiddetto ciclo domestico, mentre l’altro coinvolge i predatori selvatici e loro prede (volpe, lupo, cinghiali) e viene detto ciclo silvestre. Nel nostro paese esiste esclusivamente il ciclo selvatico.

cinghiale

La fonte di infezione più comune è la carne di selvaggina, in particolare quella di cinghiale. La malattia nell’uomo può avere vari sintomi come enterite, diarrea, dolori addominali, vomito, febbre, dolori muscolari, sudorazione, debolezza, edemi alle palpebre superiori e fotofobia.

Dopo l’ingestione, il parassita inizialmente si localizza a livello intestinale e successivamente dà origine a una nuova generazione di larve che migra nei muscoli dell’animale o della persona infettata e vi si incista. I muscoli maggiormente interessati dalla migrazione del parassita sono il diaframma e il muscolo masticatorio: è per questo motivo che viene prelevato dall’animale un campione del muscolo diaframmatico per svolgere l’esame trichinoscopico, atto a individuare l’eventuale presenza del parassita.

Negli animali domestici i sintomi sono di norma lievi e l’infestazione decorre in modo asintomatico. Quando però avviene l’ingestione di centinaia di larve, come potrebbe avvenire nel caso di infezione accidentale dell’uomo, ci possono essere inizialmente sintomi come enterite, diarrea, dolori addominali e vomito. Successivamente si manifestano invece febbre, dolori muscolari, sudorazione, debolezza, edemi alle palpebre superiori e fotofobia.

Come difendersi dalla trichinellosi?

Per prima cosa è necessario tenere presente che la trichinellosi è una parassitosi tipica degli animali selvatici e che al giorno d’oggi il coinvolgimento dell’uomo è accidentale. È una patologia collegata principalmente alla macellazione casalinga, quando questa sfugge ai controlli veterinari. Le carni che provengono dai macelli o dai salumifici sono sicure, perché tali realtà produttive sono controllate sia in autocontrollo sia dal servizio sanitario pubblico.

Per il consumatore la prevenzione è la miglior difesa, attuata innanzitutto scegliendo canali di vendita convenzionali e di fiducia, ed evitando venditori “improvvisati”. In questo modo siamo sicuri che chi produce e vende l’alimento ne garantisce anche la sicurezza, essendo sottoposto anche al controllo dell’autorità pubblica.

macellaio

Per il consumatore la prevenzione è la miglior difesa, attuata innanzitutto scegliendo canali di vendita convenzionali e di fiducia. In questo modo siamo sicuri che chi produce e vende l’alimento ne garantisce anche la sicurezza, essendo sottoposto anche a controlli. In caso di provenienza dubbia è buona norma congelare la carne per almeno un mese a -15°C per scongiurare il rischio di trasmissione del parassita.

Oltre a questa accortezza nell’acquisto, è molto importante consumare carne ben cotta, specialmente quella di selvaggina. La cottura deve essere fatta almeno a 70°C per tre minuti al cuore del prodotto: questo trattamento termico consente di inattivare eventuali larve del parassita presenti nella carne.

Macellazione e salumi fatti in casa

Nel caso in cui, invece, suini e selvaggina vengano macellati in casa, e tanto più quando con questi ultimi sono prodotti salumi a carne cruda, è obbligatorio il controllo dei servizi veterinari, che prelevano dagli animali un campione di diaframma e richiedono agli Istituti Zooprofilattici l’esecuzione dell’esame trichinoscopico. È quindi necessario attendere l’esito dell’esame prima di poter consumare salumi o carne poco cotta.

Nelle operazioni di macellazione casalinga è necessario lavorare separatamente i capi e utilizzare guanti monouso e utensili puliti e disinfettati. Fra un animale e l’altro è necessario sostituire i guanti e igienizzare gli utensili. Trattamenti di affumicatura, essicazione e salatura, se ben condotte, abbassano la carica parassitaria ma non sempre causano la morte delle larve; anche la cottura della carne nel forno a microonde non assicura l’eliminazione del parassita.

In caso di provenienza dubbia è buona norma congelare la carne per almeno un mese a -15° C per scongiurare il rischio di trasmissione del parassita. Un consiglio utile è di non mescolare la carne di capi diversi all’interno dei sacchetti da porre in congelatore e di scrivere sul sacchetto una dicitura o un numero identificativo (p.e. la fascetta inamovibile univoca) in modo da poter facilmente individuare a quale animale appartenesse la carne.

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